giovedì 24 settembre 2015

Un banco da falegname del XIV secolo / A14th century carpenter's workbench

Questo post non tratta cucito, ma è legato all’attività artigianale di Francesco, la falegnameria.
This post is not about sewing, but it talks about Francesco’s craft, woodworking. 
… and we really hope our English will be understandable even if we don’t know very well specific words.
Banco da lavoro / Workbench

La descrizione del banco / The description of the workbench
L’oggetto in questione è composto da due assi in castagno bloccate assieme tramite due pioli e da due traversi inchiodati e forati; nei fori sono poi inserite le gambe del banco fatte in legno di nocciolo. Per facilitare il trasporto con i nostri mezzi, due gambe sono estraibili mentre due sono fisse.
Per fissare le assi o la legna sul banco, sono stati realizzati due tipi di fermi: 4 sono in ferro battuto in forgia mentre due in legno sono stati fatti al tornio (storico).
I pioli in ferro hanno una parte appiattita in modo da potersi incastrare ancora meglio al legno. Tutti i fermi hanno lo stesso diametro di circa 1,6 cm e  possono essere inseriti nei vari fori realizzati sul banco; sicuramente ne saranno fatti altri per poter utilizzare diverse misure di assi grezze.

The workbench is made with 2 boards in chestnut, placed side by side and fixed together with 2 rods and 2 nailed transverse planks with holes, in which are put the legs of the workbench made in hazel. To make it easier to move with our car, 2 legs can be took off while the other 2 are secured.
To block the planks or the wood on the workbench, I realized 2 different kind of rods: 4 are in forged iron while 2 are in turned wood. The iron rods have a flattened part, useful to secure better the planks. All the rods have the same diameter (about 1,6 cm) and can be inserted in the different holes made on the workbench: I will make more of them so I can work with different sizes of planks. 


Le fonti / Sources
L’iconografia riportante questo tipo di strumento copre diversi secoli (XIV-XVI sec.) nonostante alternative al banco siano spesso utilizzate specialmente quando l’asse era molto lunga: un paio di cavalletti erano decisamente più comodi, così come due pali scavati erano sicuramente più versatili e adattabili a diversi tipi di tavole o assi.

Français 2092, fol. 75v, Construction de Saint-Denis-de-l'Estrée
Latin 511, fol. 5, Construction du Temple
The sources showing this kind of tool are spread through many centuries (14th – 16th century), despite there are different options, expecially when the boards were very long: a couple of sawhorses are definetly more convenient, and also 2 poles with slots are more adaptable to different dimensions of boards and planks. 


1423,Noah building the Ark in the Bedford Hours, British Library, London, UK. Manuscript Add. MS 18850, folio15v


1461,Spanish Book of Hours,The British Library,
London, UK. Manuscript Add. 18193, folio 48v
Utilizzo del banco
Per lavorazioni di assi più piccole questo tipo di banco risulta indispensabile poichè non è possibile fissare i pezzi di legno più corti su due cavalletti, che devono essere un minimo distanti tra loro, mentre con il banco si possono facilmente tenere fermi, realizzando pioli più bassi  o spessori per alzare la tavola da lavorare alla giusta altezza e fissarla senza troppa difficoltà.
Hausbuch der Mendelschen
Zwölfbrüderstiftung, Band 1. Nürnberg
1426–1549. Stadtbibliothek Nürnberg,
Amb. 317.2°
Vediamo quindi come questo banco, realizzato in piccole dimensioni, si possa collocare in un ambiente “casalingo” o comunque chiuso, ma  possa anche essere usato, se di dimensione adeguata, nei grandi cantieri, luoghi in cui le altre soluzioni trovano quasi esclusivamente il loro impiego.

To work on smaller pieces this kind of workbench is necessary, because it’s not possible to secure shorter planks on 2 sawhorses, that have to be at least a little far from each other, while with the workbench they can be easily secured, making shorter rods or shims to lift the plank and easily fix it.
We can see that this workbench, which is made in small scale, can be used in a “domestic” or closed setting, but it can also be used, if it’s in an adequate dimension, in big building sites, places where the other tools are most commonly used. 





1390, Pietro di Puccio, campo-santo Pisa



sabato 12 settembre 2015

Seta e perle per Damisella / Silk and pearls for Damisella

Questo abito e i suoi accessori sono stati progettati e realizzati per ricostruire il personaggio storico di Damisella Gonzaga, ultima figlia di Luigi Gonzaga, primo capitano del popolo di Mantova: andò sposa a Alidosio Alidosi, detto il Todeschino, il 10 febbraio 1367, portando una cospicua dote, all’altezza della fama e della ricchezza della sua famiglia di origine.

This dress and its accessories have been planned and realized to re-enact the historical character of Damisella Gonzaga, last daughter of Luigi Gonzaga, captain of Mantua: she married Alidosio Alidosi, called the Todeschino, the 10th of February 1367, bringing a conspicuous dowry, up to the reputation and wealth of her family.


Di fronte al Castello San Giorgio di Mantova: "Damisella" è tornata a casa per un giorno.
In front of the Castle of Saint George in Mantova: "Damisella" is back home for a day. 
I materiali
La protagonista dell’abito è sicuramente la seta verde: si tratta di una seta dupioni, venduta come tessuta a mano,  che ho acquistato un paio di anni fa. Dal momento che la seta era troppo sottile e non cadeva bene, dopo molte indecisioni ho deciso di foderare il corpo e la gonna in lana, in modo che desse peso all’abito. Le maniche sono invece state foderate di lino, per non aggiungere troppo spessore e anche perché, indossandolo con la camisa supportiva senza maniche, non volevo avere la lana a diretto contatto con le braccia: la fodera in lino delle maniche sembra essere attestata anche nella “gonna d’oro” della regina Margareta di Danimarca, che presenta anche una fodera di lino sul busto, estesa anche per 40-50 centimeti della gonna.  Per rifinire la scollatura e darle maggiore robustezza ho usato una sottile striscia di taffetà: finiture analoghe sono testimoniate anche da alcuni frammenti di Londra (Textiles and Clothing 1150- 1450, 158s.). Tutte le cuciture sono fatte a mano: quelle esterne in  filo di seta, le cuciture della fodera di lino.
NOTA: la seta tessuta a dupioni probabilmente non è la scelta migliore: suggerirei invece di usare taffetà di seta. 


The materials
Allacciatura laterale a spirale. /
Side spiral lacing.
The protagonist of this dress is for sure the green silk: it’s a dupioni silk which was sold as “hand woven”, and I bought it a couple of years ago. Since the silk was too thin and didn’t fall in a proper way, I decided to line the bodice and gown in wool, in order to get more weight. The sleeves have been lined in linen, to avoid too much thickness and to avoid direct contact with wool on the arms, since I wear this dress with the sleeveless supportive underwear.  The linen lining in sleeves seems to be present also in the “golden gown” of Queen Margareta of Denmark, that is also lined in the bodice and in the gown for 40-50 cm.The neckline has a narrow silk facing in taffeta to strengthen it, according to some finds from London (Textiles and Clothing 1150- 1450, 158s.). All the dress is hand sewn: the external seams are in silk, the ones of the lining are in linen.
NOTE: dupioni silk is probably not the best choice. I would recommend to use silk taffeta instead. 


Nouvelle acquisition latine 1673, fol. 8:
raccolta dei fichi / harvesting figs.
Il modello
Il modello non è la riproduzione fedele di nessuno dei reperti esistenti: si basa in parte sulla “gonna d’oro”, in particolare per la divisione in quattro quarti del davanti e del dietro e per la scelta di non dare forma rettangolare ma trapezoidale a queste parti, richiamando la forma dell’originale, ma si differenzia per la presenza di 4 gheroni che partono dall’altezza dei fianchi, 2 frontali e 2 laterali, necessari per raggiungere l’ampiezza voluta (3.5 m). Le maniche sono ricavate da un’unico pezzo, senza l’inserimento di gheroni, e sul polso hanno la forma “a campanella”, comune per gli abiti ricchi del periodo: non possono mancare i bottoni, 15 per ogni manica. Alcuni dettagli sono stati scelti per renderlo il più coerente possibile con la moda italiana: 
- la scollatura abbastanza pronunciata e rotonda (avrei potuto osare di più e renderla più a barca, ma non volevo rinunciare ad avere il supporto sulle spalle, a causa del peso del vesitito: per una bella analisi sulle scollature, La Cotte Simple );
- l’allacciatura laterale, testimoniata da alcune fonti iconografiche. Per avere una buona chiusura dell’abito, suggerisco di utilizzare un’allacciatura a spirale, testimoniata nelle fonti (a differenza dell’allacciatura a “x”) e molto efficace. Qui “The Zen of Spiral Lacing”  e qui l’articolo di Tasha Kelly. Il cordino è lungo 3 metri, per non doverlo sfilare e infilare ogni volta, ed è tessuto con filo di seta per le asole, con 4 tavolette. Grazie a Mervi per le istruzioni!
Il toile su cui si basa il vestito è quello fatto durante il workshop di cucito.
L’abito è un “primo strato”, da indossare quindi sopra la biancheria intima, al quale spero di aggiungere il prossimo anno un secondo strato sufficientemente ricco.

Dettaglio del cordino dell'allacciatura. /
Detail of the string of the side lacing.
The model
The model is not the faithful replica of any existant garment: it’s partly based on the “golden gown”, expecially for the division in 4 parts of the front and back and for the choice to give a trapezoidal shape instead of a rectangular one to these parts, more like the original, but it’s different because of the 4 hip-heigh gores I needed to have a proper hem size (3.5 m). The sleeves are made in a single piece, without inserting any gore, and have the “bell shape” common in some rich garments of the period: of course there are buttons, 15 for each sleeve. Some details have been chosen to match the Italian fashion best:
- the deep, rounded neckline (I could have dared more and made it more boat-like, but I wanted to have support on the shoulders because of the weight of the dress. For a nice analysis of necklines ,La Cotte Simple ) 
- the side lacing, as shown in some Italian pictures. To have a good lacing, I really suggest to use the spiral lacing, which is portrayed in the sources (the “x” lacing is not) and very effective. Check out the “Zen of spiral lacing” and here a nice article by Tasha Kelly about lacing. The string, which is 3 meters long so I don't have to insert and take it away every time, is tablet woven with 4 tablets, and it's made in buttonholes silk. Thanks to Mervi for the instructions!
The toile I used is the one we made during the medieval sewing workshop I organized in February. 
This dress is a “first layer”, to be worn over the underwear, and I hope I will give it a proper second layer next year. 




1369, Oratorio di S. Stefano, Lentate sul Seveso. Le fanciulle,
figlie della famiglia Porro rappresentata nell'atto di donare
l'oratorio, hanno maniche a campanella e, guardando
attentamente, si vede che indossano anelli nell'indice e nell'
anulare. / 1369, Oratorio of S. Stefano, Lentate sul Seveso.
The young ladies are daughters of the Porro family, portrayed
when donating the oratory. They have bell-shaped sleeves and,
looking carefully, you can see they wear rings in index and
ring finger.



Gli accessori
Un abito non è abbastanza per creare un’immagine coerente di un personaggio, quindi ho cercato di aggiungere anche alcuni accessori per arricchire l’insieme. 
The accessories
A dress is not enough to create a coherent portrait of a character, so I looked for some accessories to improve the ensemble.

- Collana di perle e corallo
Missale et Horae ad usum
 Fratrum Minorum
(1385- 90, BNF Latin 757, 258v.) Fanciulla
con terzolla e collana. / A lady with
a "terzolla" and necklace.
Nelle fonti italiane, e molto meno in quelle straniere che mi è capitato di vedere, ricorrono collane di varie forme: sono le fonti documentarie però a venirci in aiuto informandoci sulle pietre preziose più usate. Io ho scelto corallo (madrepora) e perle, sia perché facilmente distinguibili anche nelle miniature, come quelle dei Tacuina Sanitatis, sia perché esplicitamente menzionati in un documento imolese del 1391, contenete la stima della dote di nozze di Rengarda Alidosi, figlia di Beltrando: «Item una collana di perle facta a poste con coragli in mezo in fili bianchi de seda che pesa onze 2 ½, estimat ducati 30». 
- Necklace in pearls and corals
In the Italian sources, and a lot less in foreign ones I stumbled upon, there are a lot of different necklaces: the written sources can tell us more about the most common gems in use. I decided to use coral (actually madrepore) and pearls, because they can be clearly seen in miniatures, like the ones from Tacuina Sanitatis, and also because they are mentioned in a document from Imola dated 1391, that includes the valuation of the dowry of Rengarda Alidosi, daughter of Beltrando: “A necklace of pearls, made for this occasion, with corals in the middle, on white silk threads: it weights 2 ½ ounces, it worths 30 ducats”. 

- Anelli
Spesso menzionati negli inventari e nelle leggi suntuarie, dovevano essere un accessorio particolarmente apprezzato e diffuso. I due di cui dispongo al momento sono realizzati da Il Gatto e la Volpe sulla base di originali romagnoli: uno è in bronzo e granato, l’altro in argento e smeraldo. 
- Rings
Often mentioned in inventories and sumptuary laws, rings must have been very common and appreciated. The two I have now are made by Il Gatto e la Volpe, after some originals from Romagna: one is in bronze and garnet, the other one in silver and emerald.




- La terzolla: un’ipotesi e un tentativo
La vera impresa di questo outfit è stata l’acconciatura. Da tempo desideravo cercare di ricostruire la misteriosa “terzolla”, copricapo che la Muzzarelli (Guardaroba Medievale, p. 361) definisce «acconciatura a ornamento del capo, così detta perchè fatta con 300 perle» e probabilmente a volte chiamata semplicemente dalle fonti “ghirlanda” o “ghirlanda con perle”. Non ho mai trovato il nome “terzolla” associato da autorevoli studiosi a qualche immagine, ma ho provato a ipotizzare che esempi di questo prezioso copricapo si possano trovare sia in alcune immagini del Missale et Horae ad usum Fratrum Minorum (1385- 90, Nord Italia, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 757) sia in Queste del Saint Graal Tristan de Léonois (1380-1385, Milano, BNF Français 343). Mi sono concentrata sul libro d’ore: dalle immagini mi sembrava di capire con sicurezza che sotto le perle si trovassero due ciocche di capelli, non intrecciati, che si incrociavano sulla fronte, cingendo il viso in modo da coprire le orecchie. Le perle inoltre apparivano separate da spazi regolari, formando delle piccole file, e apparivano semplicemente sospese sui capelli, senza particolari strutture a sostenerle. La prima, ingenua ipotesi che si è subito rivelata fallimentare è stata realizzare semplici file di perle da posare sui capelli, ma in questo modo veniva meno la regolarità mostrata dalla miniatura ed erano estremamente precarie. Serviva qualcosa di fisso a cui attaccarle: una retina. 
1380-1385 BNF Français 343 Queste del Saint Graal
Tristan de Léonois Folio 59. Un altro esempio di terzolla. /
Another source for a terzolla. 
Le retine conservate (cf. Textiles and Clothing 145-149) sembrano essere sempre circolari, ma ho pensato che una retina lunga e stretta che contenesse i capelli si potesse comunque adattare alle mie necessità: facendola di seta scura, di un colore simile a quello dei miei capelli, avrei potuto renderla praticamente invisibile, e il risultato sarebbe stato molto simile alla miniatura. Fatti circa 70 cm di retina, è stato il momento di attaccare le perle: 550 perline di 3-4 mm. Risultano essere quasi il doppio rispetto alle 300 che sembrano dare il nome alla terzolla: probabilmente un maggiore spazio tra le file di perle avrebbe permesso di avvicinarsi al numero ipotetico previsto e di creare file di perle più distinguibili, ma con 38 gradi di temperatura e una settimana per completarla prima di partire per Azincourt non ho avuto cuore e tempo di rimaneggiarla. L’ultimo problema da risolvere era la difficoltà di tenere ferma la retina sulle due ciocche di capelli che, dovendo coprire le orecchie, non potevano essere cucite tutto intorno alla testa.
Alla fine la soluzione è stata cucire dietro alla retina una striscia di tessuto nero, che si potesse facilmente nascondere sotto i capelli scuri, per creare una solida struttura tubolare in cui andare a inserire i capelli (tramite un buco nel tessuto all’altezza della nuca), molto più stabile da fissare grazie a delle spille: grazie di cuore a Nini per il suggerimento! 



Missale et Horae ad usum Fratrum Minorum (1385- 90, BNF Latin 757, 380 r.): la miniatura di riferimento per la terzolla e il risultato finito. / The main reference for the terzolla and the final result. 

 - The “terzolla”: an hypothesis and a try
The really challenging part of this outfit was the headdress. I have been waiting for a long time to reproduce the mysterious “terzolla”, an headdress described by Muzzarelli ((Guardaroba Medievale, p. 361) as a “headdress and decoration for the head, so called because it was made with 300 pearls” (“terzolla” maybe recalls the Italian “trecento”, i. e. 300) and probably called in some sources only “garland” or “garland with pearls”. I never found any authoritative academic who associated this name to a picture, but I thought that maybe some samples of this precious headdress can be found in some pictures from Missale et Horae ad usum Fratrum Minorum (made in 1385- 90 in Northern Italy, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 757) and from Queste del Saint Graal Tristan de Léonois (1380-1385, Milano, BNF Français 343). I focused on the book of hours: from the pictures I would say that clearly under the pearls there were 2 locks of hair, not braided, crossed over the forehead, that framed the face all around, covering the hears too. The pearls seemed to be divided by equal spaces, making small rows, and simply looked suspended over the hair, without any particular structure underneath. The first, naïve try, that immediately became a failure, was making simple rows of pearls to lay over the hair, but this way they weren’t so regularly spaced and very precarious. I needed something fixed and more solid: a hairnet. 
The surviving hairnets (cf. Textiles and Clothing 145-149) are always rounded, but I thought that a long and narrow hairnet that could cover and keep the hair in place would have been suitable for my work: making it in a dark silk thread, a colour that matched my hair, it would have been almost invisible, and the result would have been quite close to the miniature. After netting about 70 cm of hairnet, it was time to sew the pearls: 550 pearls of 3-4 mm each. They are about double the amount that seem to give the name to the “terzolla” (300): probably a bigger spacing between the rows would have worked better, providing an amount of pearls closer to the hypothetical original amount and making more distinguishable rows as well. But there were 38° C in July and only a week to finish it before Azincourt, so I didn’t have the strength or time to change it. 
The last problem I had to solve was to keep the hairnet in place over the locks: since it had to cover the ears, I couldn’t sew it on the head. In the end, the key was to sew behind the hairnet a thin stripe of black fabric, easy to hide under the dark hair locks, to create a tubular structure in which I could put the hair (through a hole in the fabric over the nape): it’s a lot sturdier and easy to fasten using some pins. Thanks a lot to Nini for this suggestion!

Mi riempie di soddisfazione vedere questa foto e sapere finalmente che tutti i vestiti che indossiamo sono stati fatti da noi. / It's really satisfying to look at this picture and finally know that all the clothes we are wearing have been made by us.