Questo abito e i suoi accessori sono stati progettati e realizzati per ricostruire il personaggio storico di Damisella Gonzaga, ultima figlia di Luigi Gonzaga, primo capitano del popolo di Mantova: andò sposa a Alidosio Alidosi, detto il Todeschino, il 10 febbraio 1367, portando una cospicua dote, all’altezza della fama e della ricchezza della sua famiglia di origine.
This dress and its accessories have been planned and realized to re-enact the historical character of Damisella Gonzaga, last daughter of Luigi Gonzaga, captain of Mantua: she married Alidosio Alidosi, called the Todeschino, the 10th of February 1367, bringing a conspicuous dowry, up to the reputation and wealth of her family.
|
Di fronte al Castello San Giorgio di Mantova: "Damisella" è tornata a casa per un giorno. In front of the Castle of Saint George in Mantova: "Damisella" is back home for a day. |
I materiali
La protagonista dell’abito è sicuramente la seta verde: si tratta di una seta dupioni, venduta come tessuta a mano, che ho acquistato un paio di anni fa. Dal momento che la seta era troppo sottile e non cadeva bene, dopo molte indecisioni ho deciso di foderare il corpo e la gonna in lana, in modo che desse peso all’abito. Le maniche sono invece state foderate di lino, per non aggiungere troppo spessore e anche perché, indossandolo con la camisa supportiva senza maniche, non volevo avere la lana a diretto contatto con le braccia: la fodera in lino delle maniche sembra essere attestata anche nella “gonna d’oro” della regina Margareta di Danimarca, che presenta anche una fodera di lino sul busto, estesa anche per 40-50 centimeti della gonna. Per rifinire la scollatura e darle maggiore robustezza ho usato una sottile striscia di taffetà: finiture analoghe sono testimoniate anche da alcuni frammenti di Londra (Textiles and Clothing 1150- 1450, 158s.). Tutte le cuciture sono fatte a mano: quelle esterne in filo di seta, le cuciture della fodera di lino.
NOTA: la seta tessuta a dupioni probabilmente non è la scelta migliore: suggerirei invece di usare taffetà di seta.
The materials
|
Allacciatura laterale a spirale. / Side spiral lacing. |
The protagonist of this dress is for sure the green silk: it’s a dupioni silk which was sold as “hand woven”, and I bought it a couple of years ago. Since the silk was too thin and didn’t fall in a proper way, I decided to line the bodice and gown in wool, in order to get more weight. The sleeves have been lined in linen, to avoid too much thickness and to avoid direct contact with wool on the arms, since I wear this dress with the sleeveless supportive underwear. The linen lining in sleeves seems to be present also in the “golden gown” of Queen Margareta of Denmark, that is also lined in the bodice and in the gown for 40-50 cm.The neckline has a narrow silk facing in taffeta to strengthen it, according to some finds from London (Textiles and Clothing 1150- 1450, 158s.). All the dress is hand sewn: the external seams are in silk, the ones of the lining are in linen.
NOTE: dupioni silk is probably not the best choice. I would recommend to use silk taffeta instead.
|
Nouvelle acquisition latine 1673, fol. 8: raccolta dei fichi / harvesting figs. |
Il modello
Il modello non è la riproduzione fedele di nessuno dei reperti esistenti: si basa in parte sulla “gonna d’oro”, in particolare per la divisione in quattro quarti del davanti e del dietro e per la scelta di non dare forma rettangolare ma trapezoidale a queste parti, richiamando la forma dell’originale, ma si differenzia per la presenza di 4 gheroni che partono dall’altezza dei fianchi, 2 frontali e 2 laterali, necessari per raggiungere l’ampiezza voluta (3.5 m). Le maniche sono ricavate da un’unico pezzo, senza l’inserimento di gheroni, e sul polso hanno la forma “a campanella”, comune per gli abiti ricchi del periodo: non possono mancare i bottoni, 15 per ogni manica. Alcuni dettagli sono stati scelti per renderlo il più coerente possibile con la moda italiana:
- la scollatura abbastanza pronunciata e rotonda (avrei potuto osare di più e renderla più a barca, ma non volevo rinunciare ad avere il supporto sulle spalle, a causa del peso del vesitito: per una bella analisi sulle scollature, La Cotte Simple );
- l’allacciatura laterale, testimoniata da alcune fonti iconografiche. Per avere una buona chiusura dell’abito, suggerisco di utilizzare un’allacciatura a spirale, testimoniata nelle fonti (a differenza dell’allacciatura a “x”) e molto efficace. Qui “The Zen of Spiral Lacing” e qui l’articolo di Tasha Kelly. Il cordino è lungo 3 metri, per non doverlo sfilare e infilare ogni volta, ed è tessuto con filo di seta per le asole, con 4 tavolette. Grazie a Mervi per le istruzioni!
L’abito è un “primo strato”, da indossare quindi sopra la biancheria intima, al quale spero di aggiungere il prossimo anno un secondo strato sufficientemente ricco.
|
Dettaglio del cordino dell'allacciatura. / Detail of the string of the side lacing. |
The model
The model is not the faithful replica of any existant garment: it’s partly based on the “golden gown”, expecially for the division in 4 parts of the front and back and for the choice to give a trapezoidal shape instead of a rectangular one to these parts, more like the original, but it’s different because of the 4 hip-heigh gores I needed to have a proper hem size (3.5 m). The sleeves are made in a single piece, without inserting any gore, and have the “bell shape” common in some rich garments of the period: of course there are buttons, 15 for each sleeve. Some details have been chosen to match the Italian fashion best:
- the deep, rounded neckline (I could have dared more and made it more boat-like, but I wanted to have support on the shoulders because of the weight of the dress. For a nice analysis of necklines ,La Cotte Simple )
- the side lacing, as shown in some Italian pictures. To have a good lacing, I really suggest to use the spiral lacing, which is portrayed in the sources (the “x” lacing is not) and very effective. Check out the “Zen of spiral lacing” and here a nice article by Tasha Kelly about lacing. The string, which is 3 meters long so I don't have to insert and take it away every time, is tablet woven with 4 tablets, and it's made in buttonholes silk. Thanks to Mervi for the instructions!
This dress is a “first layer”, to be worn over the underwear, and I hope I will give it a proper second layer next year.
|
1369, Oratorio di S. Stefano, Lentate sul Seveso. Le fanciulle, figlie della famiglia Porro rappresentata nell'atto di donare l'oratorio, hanno maniche a campanella e, guardando attentamente, si vede che indossano anelli nell'indice e nell' anulare. / 1369, Oratorio of S. Stefano, Lentate sul Seveso. The young ladies are daughters of the Porro family, portrayed when donating the oratory. They have bell-shaped sleeves and, looking carefully, you can see they wear rings in index and ring finger. |
Gli accessori
Un abito non è abbastanza per creare un’immagine coerente di un personaggio, quindi ho cercato di aggiungere anche alcuni accessori per arricchire l’insieme.
The accessories
A dress is not enough to create a coherent portrait of a character, so I looked for some accessories to improve the ensemble.
- Collana di perle e corallo
|
Missale et Horae ad usum Fratrum Minorum (1385- 90, BNF Latin 757, 258v.) Fanciulla con terzolla e collana. / A lady with a "terzolla" and necklace. |
Nelle fonti italiane, e molto meno in quelle straniere che mi è capitato di vedere, ricorrono collane di varie forme: sono le fonti documentarie però a venirci in aiuto informandoci sulle pietre preziose più usate. Io ho scelto corallo (madrepora) e perle, sia perché facilmente distinguibili anche nelle miniature, come quelle dei Tacuina Sanitatis, sia perché esplicitamente menzionati in un documento imolese del 1391, contenete la stima della dote di nozze di Rengarda Alidosi, figlia di Beltrando: «Item una collana di perle facta a poste con coragli in mezo in fili bianchi de seda che pesa onze 2 ½, estimat ducati 30».
- Necklace in pearls and corals
In the Italian sources, and a lot less in foreign ones I stumbled upon, there are a lot of different necklaces: the written sources can tell us more about the most common gems in use. I decided to use coral (actually madrepore) and pearls, because they can be clearly seen in miniatures, like the ones from Tacuina Sanitatis, and also because they are mentioned in a document from Imola dated 1391, that includes the valuation of the dowry of Rengarda Alidosi, daughter of Beltrando: “A necklace of pearls, made for this occasion, with corals in the middle, on white silk threads: it weights 2 ½ ounces, it worths 30 ducats”.
- Anelli
Spesso menzionati negli inventari e nelle leggi suntuarie, dovevano essere un accessorio particolarmente apprezzato e diffuso. I due di cui dispongo al momento sono realizzati da Il Gatto e la Volpe sulla base di originali romagnoli: uno è in bronzo e granato, l’altro in argento e smeraldo.
- Rings
Often mentioned in inventories and sumptuary laws, rings must have been very common and appreciated. The two I have now are made by Il Gatto e la Volpe, after some originals from Romagna: one is in bronze and garnet, the other one in silver and emerald.
- La terzolla: un’ipotesi e un tentativo
La vera impresa di questo outfit è stata l’acconciatura. Da tempo desideravo cercare di ricostruire la misteriosa “terzolla”, copricapo che la Muzzarelli (Guardaroba Medievale, p. 361) definisce «acconciatura a ornamento del capo, così detta perchè fatta con 300 perle» e probabilmente a volte chiamata semplicemente dalle fonti “ghirlanda” o “ghirlanda con perle”. Non ho mai trovato il nome “terzolla” associato da autorevoli studiosi a qualche immagine, ma ho provato a ipotizzare che esempi di questo prezioso copricapo si possano trovare sia in alcune immagini del Missale et Horae ad usum Fratrum Minorum (1385- 90, Nord Italia, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 757) sia in Queste del Saint Graal Tristan de Léonois (1380-1385, Milano, BNF Français 343). Mi sono concentrata sul libro d’ore: dalle immagini mi sembrava di capire con sicurezza che sotto le perle si trovassero due ciocche di capelli, non intrecciati, che si incrociavano sulla fronte, cingendo il viso in modo da coprire le orecchie. Le perle inoltre apparivano separate da spazi regolari, formando delle piccole file, e apparivano semplicemente sospese sui capelli, senza particolari strutture a sostenerle. La prima, ingenua ipotesi che si è subito rivelata fallimentare è stata realizzare semplici file di perle da posare sui capelli, ma in questo modo veniva meno la regolarità mostrata dalla miniatura ed erano estremamente precarie. Serviva qualcosa di fisso a cui attaccarle: una retina.
|
1380-1385 BNF Français 343 Queste del Saint Graal Tristan de Léonois Folio 59. Un altro esempio di terzolla. / Another source for a terzolla. |
Le retine conservate (cf. Textiles and Clothing 145-149) sembrano essere sempre circolari, ma ho pensato che una retina lunga e stretta che contenesse i capelli si potesse comunque adattare alle mie necessità: facendola di seta scura, di un colore simile a quello dei miei capelli, avrei potuto renderla praticamente invisibile, e il risultato sarebbe stato molto simile alla miniatura. Fatti circa 70 cm di retina, è stato il momento di attaccare le perle: 550 perline di 3-4 mm. Risultano essere quasi il doppio rispetto alle 300 che sembrano dare il nome alla terzolla: probabilmente un maggiore spazio tra le file di perle avrebbe permesso di avvicinarsi al numero ipotetico previsto e di creare file di perle più distinguibili, ma con 38 gradi di temperatura e una settimana per completarla prima di partire per Azincourt non ho avuto cuore e tempo di rimaneggiarla. L’ultimo problema da risolvere era la difficoltà di tenere ferma la retina sulle due ciocche di capelli che, dovendo coprire le orecchie, non potevano essere cucite tutto intorno alla testa.
Alla fine la soluzione è stata cucire dietro alla retina una striscia di tessuto nero, che si potesse facilmente nascondere sotto i capelli scuri, per creare una solida struttura tubolare in cui andare a inserire i capelli (tramite un buco nel tessuto all’altezza della nuca), molto più stabile da fissare grazie a delle spille: grazie di cuore a Nini per il suggerimento!
Missale et Horae ad usum Fratrum Minorum (1385- 90, BNF Latin 757, 380 r.): la miniatura di riferimento per la terzolla e il risultato finito. / The main reference for the terzolla and the final result.
- The “terzolla”: an hypothesis and a try
The really challenging part of this outfit was the headdress. I have been waiting for a long time to reproduce the mysterious “terzolla”, an headdress described by Muzzarelli ((Guardaroba Medievale, p. 361) as a “headdress and decoration for the head, so called because it was made with 300 pearls” (“terzolla” maybe recalls the Italian “trecento”, i. e. 300) and probably called in some sources only “garland” or “garland with pearls”. I never found any authoritative academic who associated this name to a picture, but I thought that maybe some samples of this precious headdress can be found in some pictures from Missale et Horae ad usum Fratrum Minorum (made in 1385- 90 in Northern Italy, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 757) and from Queste del Saint Graal Tristan de Léonois (1380-1385, Milano, BNF Français 343). I focused on the book of hours: from the pictures I would say that clearly under the pearls there were 2 locks of hair, not braided, crossed over the forehead, that framed the face all around, covering the hears too. The pearls seemed to be divided by equal spaces, making small rows, and simply looked suspended over the hair, without any particular structure underneath. The first, naïve try, that immediately became a failure, was making simple rows of pearls to lay over the hair, but this way they weren’t so regularly spaced and very precarious. I needed something fixed and more solid: a hairnet.
The surviving hairnets (cf. Textiles and Clothing 145-149) are always rounded, but I thought that a long and narrow hairnet that could cover and keep the hair in place would have been suitable for my work: making it in a dark silk thread, a colour that matched my hair, it would have been almost invisible, and the result would have been quite close to the miniature. After netting about 70 cm of hairnet, it was time to sew the pearls: 550 pearls of 3-4 mm each. They are about double the amount that seem to give the name to the “terzolla” (300): probably a bigger spacing between the rows would have worked better, providing an amount of pearls closer to the hypothetical original amount and making more distinguishable rows as well. But there were 38° C in July and only a week to finish it before Azincourt, so I didn’t have the strength or time to change it.
The last problem I had to solve was to keep the hairnet in place over the locks: since it had to cover the ears, I couldn’t sew it on the head. In the end, the key was to sew behind the hairnet a thin stripe of black fabric, easy to hide under the dark hair locks, to create a tubular structure in which I could put the hair (through a hole in the fabric over the nape): it’s a lot sturdier and easy to fasten using some pins. Thanks a lot to Nini for this suggestion!
Mi riempie di soddisfazione vedere questa foto e sapere finalmente che tutti i vestiti che indossiamo sono stati fatti da noi. / It's really satisfying to look at this picture and finally know that all the clothes we are wearing have been made by us.